Chef amici del Club

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Chef Roberto Scarnecchia

E' con piacere che mi presento agli amici del Club. Mi chiamo Roberto Scarnecchia e sono nato a Roma nel 1958, molti di voi mi conosceranno per il mio passato da calciatore di Serie A dove dal 1977 al 1985, ho militato nelle file della mia amata Roma, del Napoli, del Pisa ed infine nel Milan per complessive 110 presenze in Serie A.
Ma andiamo per ordine e torniamo indietro nella mia vita dove cercherò di sintetizzarvi, su come sono arrivato al mondo della cucina.
La mia passione per i fornelli è iniziata all'età tra gli otto e i dieci anni, i sapori tradizionali che sentivo in famiglia hanno molto aiutato il mio amore per la gastronomia.
Tutto è cominciato stando vicino a mia madre Giovanna, lei era una bravissima cuoca tanto che i miei ex compagni di squadra, dopo ogni allenamento dicevano "andiamo a mangiare da Roberto" e tutto questo fino agli inizi della mia carriera professionistica quando ai tempi della Roma anche il giovanissimo Carlo Ancellotti, rinomato per essere un'ottima forchetta, veniva spesso a mangiare a casa mia.
Mi sono divertito in cucina fino ai 15/16 anni quando ho iniziato a giocare a pallone seriamente per poi riprendere alla fine della mia carriera calcistica.
Calcisticamente parlando, la prima squadra di un certo livello nella quale giocai, fu l'ALMAS a Roma, dove fui notato dal grande Nils Liedholm che mi portò nella squadra giallorossa.
Erano i primi anni ottanta e la Roma stava iniziando a diventare grande e con il "Barone", così era chiamato Liedholm, trascorsi i miei migliori anni da calciatore. Nel mio ruolo di ala destra non segnavo molto ma correvo tanto ed ero molto tecnico, così da essere considerato indispensabile per il gioco della squadra.
Quando ho smesso con il calcio, nel 1999 mio padre aprì un ristorante alla Romanina ed io, che avevo smesso di giocare, ho iniziato a lavorare in cucina.
Mi dicevano che ero bravino anche perché mi è sempre piaciuto inventare dei piatti, prendendo spunto, come già detto, dalla semplicità dei piatti tradizionali, inoltre ho sempre accettato i consigli di alcuni Chef che mi sono amici, perché l'umiltà a mio avviso è una grande qualità ovunque venga esercitata.
Prima di lanciarmi definitivamente nel mondo della cucina, ho studiato alla Bocconi diventando Docente Formatore: volendo posso insegnare l'auto stima, il linguaggio del corpo e la possibilità di essere un capo.
Successivamente sono andato a studiare negli Stati Uniti ed ho fatto un Master per insegnare ad Harvard, successivamente dal 1992 al 1994, ho partecipato ad un Master Chef e questa è stata la svolta, due anni in America a seguire un vero master di cucina.
Non era come i programmi che vedevo in televisione: spesso i piatti sono impossibili da realizzare per chi guarda e si crea un’idea finta della professione.
Oggi i cuochi giovani pensano di essere Cracco solo perché gli dicono “hai talento”, proprio come i ragazzi si sentono Maradona per aver segnato due gol in Serie A.
Ignorano quanta fatica ci sia dietro la scalata al vertice, in ogni attività.
Il Master mi ha consentito di diventare Executive Chef e di capire che il talento è necessario ma va comunque indirizzato con molta fatica ed umiltà. Da questa esperienza è iniziato il mio definitivo amore per la cucina.
Dopo l'esperienza americana, inizia il mio girovagare per Ristoranti in Italia, anche qui cerco di farne una sintesi.
Nel 2000 approdo al New Milan Point di Milano, nella qualità di cotitolare e Head Chef, nel 2001 divento anche Head Chef della Caffetteria Santo Stefano Duomo Milano, nel 2005 arrivo all'Agorà Restaurant di Pantigliate (Milano) come Head Chef, nel 2007 passo al Sardegnainbocca di Milano come Head Chef, nel 2012 un ristorante stellato il Vino di Ismaro 1 stella Michelin a Carpeneto (Ovada) come Executive Chef questa esperienza purtroppo per mia scelta è breve solo quattro mesi e decido di andare nello stesso anno il 2012 a Genova presso il Marina Place restaurant e Cafè, come Executive Chef, nel 2015 decido di aprire un Ristorante a Roma l'undici del quale ne sono l'Executive Chef, nel 2018 mi ritrovo Executive Chef di tre ristoranti a Roma: "undici", "Sacro e Profano" e "Trattoria della Stampa dal 1956", quest'ultimo dal 2019 ad oggi diventerà il mio ristorante del quale sono titolare e Executive Chef.
Oggi molti mi chiedono se ci sono delle similitudini tra allenare una squadra di calcio e la gestione di una brigata di cucina.
La mia risposta è: Moltissime. Il progettare la linea della preparazione dei piatti corrisponde all’allenamento prima della partita. Si tratta in entrambi i casi di strategie. Poi il servizio è simile alla partita giocata; un’ora e mezza di tensione e di adrenalina ma anche di divertimento, di passione. E in ogni caso serve la capacità di fare squadra, il rispetto della gerarchia, sia in campo che in cucina. La differenza sta nel fatto che chi mangia ha sempre il sorriso, chi assiste ad una partita non sempre…
Da trenta anni ricerco e mi evolvo nel campo della gastronomia di qualità, la mia è una cucina mediterranea rivisitata, mi piace tener fede alla tradizione ma mischiando i sapori con qualcosa di nuovo e di innovativo.
E' infatti proprio tale unione che regala gusti magari mai provati prima. Ma questo si può fare solo viaggiando, studiando e ricercando.
Per concludere, il mio tipo di cucina è sensoriale, si mangia con tutti e cinque i sensi ed è importante che uno chef non lo dimentichi nella sua evoluzione; è improntata sulla tradizione, sul suo valore e sulla storia che ha in se.
Penso a quanta poesia, a quanti ricordi ci possono essere in una Carbonara o in un piatto di Tonnarelli Cacio e Pepe, una delle mie specialità.
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